In riferimento all’art. 9 del GDPR, il Garante per la privacy ha disposto delle prescrizioni specifiche in merito al trattamento dei dati personali da parte degli investigatori privati
Con il provvedimento 146 del 5 giugno 2019 il Garante per la privacy ha definito precise disposizioni per quanto riguarda il trattamento di categorie particolari di dati, al cui interno figura anche l’attività svolta dagli investigatori privati. Il primo aspetto preso in considerazione dal suddetto provvedimento riguarda l’ambito di applicazione di tali prescrizioni e la finalità del trattamento. Sul primo punto, il Garante stabilisce che le disposizioni riguardano tutti i soggetti che svolgono in maniera legittima e regolare l’attività professionale di investigatore privato. Per quanto concerne invece il secondo aspetto, gli investigatori privati possono trattare i dati soltanto al fine di svolgere l’incarico che hanno ricevuto dai propri clienti o da un avvocato difensore per conto del proprio assistito.
Entrando nello specifico, l’Autorità ha individuato alcuni limiti entro i quali l’investigatore può trattare categorie particolari di dati. In primo luogo, egli non può intraprendere di propria iniziativa investigazioni, ricerche o altre forme di raccolta dati. L’investigatore può esercitare tali attività solo nel caso in cui sussista un apposito e specifico incarico, conferito per iscritto dal cliente o da un avvocato difensore. Inoltre, nell’incarico dev’essere esplicitato il diritto che il cliente vuole far valere in sede giudiziaria oppure, nel caso in cui il compito sia stato conferito da un avvocato, i principali elementi che giustificano le indagini, oltre al termine, ragionevole, in cui esse devono essere concluse. Infine, l’investigatore è obbligato a fornire all’interessato un’informativa sulla privacy prevista dal Regolamento europeo e di informare periodicamente il cliente sull’andamento delle indagini.
Nel momento viene portato a termine il suo incarico, l’investigatore privato deve cessare ogni forma di trattamento dei dati. In merito alla comunicazione degli stessi, il provvedimento stabilisce che essa può essere rivolta solo al soggetto che gli ha conferito l’incarico oppure ad un altro investigatore, nel caso in cui quest’ultimo sia stato indicato in maniera nominativa all’interno del conferimento di incarico e detta comunicazione risulti necessaria affinché possano essere eseguiti i compiti precedentemente stabiliti. Per quanto riguarda invece i dati genetici, biometrici e relativi alla salute, essi possono essere comunicati alle autorità competenti esclusivamente per finalità di prevenzione, accertamento o repressione dei reati. Infine, è vietato diffondere dati relativi alla vita sessuale o all’orientamento sessuale dei soggetti coinvolti nell’indagine.