Le tecniche analitiche del DNA sono in continua evoluzione. Per offrire strumenti sempre più affidabili agli investigatori, particolare attenzione è rivolta verso l’identificazione delle caratteristiche fenotipiche del presunto colpevole di un reato.
Fino a pochi anni fa il DNA era utilizzato come un valido strumento di comparazione ed identificazione di una traccia biologica. Il profilo genetico che ne consegue veniva successivamente comparato con il DNA di soggetti probabilmente coinvolti nel reato, oppure, quando possibile, veniva comparato con quelli presenti nelle Banche dati nazionali dei diversi Paesi del mondo.
Tuttavia, a volte, tali confronti non andavano a buon fine. Nessuna delle persone attenzionate come probabili autori del reato, deteneva un profilo genetico compatibile con quello trovato sulla scena criminis, ritenuto il DNA del colpevole. Inoltre, potevano verificarsi errori di etichettatura o di contaminazione dei campioni che di fatto li rendevano inutilizzabili.
La tecnica del DNA Phenotyping invece si propone di risolvere questi errori dovuti principalmente a fattori umani. Essa è costituita da specifici processi di analisi genetica in grado di individuare le caratteristiche fenotipiche (i tratti somatici) del presunto autore del reato.
In un futuro prossimo, potrebbe addirittura fornire un identikit sufficientemente preciso. Tuttavia, utilizzarlo come una sorta di foto segnaletica o di un riconoscimento facciale della persona, oggi è ancora prematuro. Si è certi che tale metodologia costituisce il futuro della genetica forense rappresentando un ottimo aiuto alle indagini, ma va impiegata con la massima attenzione, anche se, come vedremo, i riscontri positivi non mancano.
La questione ora non è se sia possibile avere informazioni del detentore del DNA, ma nel definire la tecnica come sufficientemente matura per essere usata da sola come prova.
Ad oggi, i tratti somatici più facilmente analizzati sono il colore degli occhi (con sei geni coinvolti) dove la capacità di previsione è abbastanza elevata. Per il colore dei capelli invece il discorso è un po’ più complesso poiché dipende dall’età e i geni coinvolti sono undici. Infine, un parametro utile nei casi giudiziari è l’età, con un numero ancora maggiore di geni interessati. Questo processo si basa sull’analisi statistica multivariata che viene effettuata utilizzando i dati di tipizzazione del DNA comunemente impiegati nell’identificazione personale.
Il DNA Phenotyping è stato utilizzato anche in Italia per omicidi con forte risonanza mediatica come ad esempio il delitto di Yara Gambiraso. Massimo Bossetti, autore del crimine e condannato in due gradi all’ergastolo, fu incastrato anche grazie all’analisi fenotipica della traccia genetica rinvenuta nel luogo del delitto. Attraverso il DNA Phenotyping fu possibile infatti individuare le caratteristiche del colpevole,“un abitante del nord Italia, con gli occhi chiari, di circa quarant’anni” e restringere il campo d’indagine per gli investigatori.
È comunque doveroso sottolineare che presa singolarmente la prova genetica non potrà mai portare da sola alla risoluzione del caso. Infatti, è bene ribadire che qualsiasi attività di scienze forensi deve continuare a essere un’attività di supporto agli investigatori.