La Cassazione si è pronunciata sul controllo dipendenti, legittimando l’uso delle telecamere per sorvegliare i lavoratori, ma solo per scopi difensivi
Il controllo dipendenti, a mezzo di telecamere, può avvenire anche all’interno dell’ambiente di lavoro, ma soltanto per i così detti “controlli difensivi”. È quanto stabilito dalla Corte di Cassazione con la sentenza n.3255/21 che accoglie il ricorso di un commerciante laziale che aveva inserito nel luogo di lavoro le telecamere, senza nessun accordo con i sindacati o con l’Ispettorato del Lavoro.
Il Tribunale di Viterbo aveva condannato l’uomo al pagamento di una sanzione da 200 euro per violazione della privacy. I giudici, nell’emettere la condanna, hanno seguito quanto stabilito dallo Statuto dei Lavoratori, che vieta categoricamente l’utilizzo delle telecamere per controllare i dipendenti. Il datore di lavoro, infatti, non può sorvegliare l’operato dei propri dipendenti, ovvero non può verificare l’esatto adempimento della prestazione lavorativa. Può farlo solo a seguito di uno specifico accordo con i sindacati o con l’Ispettorato del Lavoro. Inoltre, le telecamere devono essere evidenziate con appositi cartelli e fornita idonea informativa a tutto il personale. Se queste regole non vengono rispettate, anche in caso di eventuale illecito, le prove raccolte non sono utilizzabili in sede di giudiziaria.
Secondo lo Statuto dei Lavoratori, gli impianti di videosorveglianza all’interno del luogo di lavoro possono essere utilizzati, solo per esigenze organizzative e produttive, sicurezza sul lavoro e tutela del patrimonio aziendale. All’interno di quest’ultima categoria appartengono i controlli difensivi.
I giudici della Cassazione hanno fatto appello al concetto di “controlli difensivi” per accogliere il ricorso dell’imprenditore. Dalla sentenza si apprende che il datore di lavoro può istallare le telecamere, anche occulte, per sorvegliare i propri dipendenti solo nel caso in cui vi sia fondato sospetto di illecito, ossia che un lavoratore possa commettere azioni fraudolente a danno del datore di lavoro. Stando agli ermellini, i controlli difensivi non entrerebbero in contrasto con quanto stabilito dallo Statuto dei Lavoratori.
Nella lettura della sentenza, la Corte Suprema ha sottolineato che, “lo Statuto dei lavoratori non interdice al datore di lavoro la possibilità di effettuare i controlli difensivi del patrimonio aziendale e non giustificano pertanto l’esistenza di un divieto probatorio in ambito processuale”. Perciò le prove video raccolte, in caso di eventuale rilevamento di un illecito, possono essere utilizzate in tribunale dal datore di lavoro. Senza alcuna violazione della privacy o del suddetto Statuto.